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Storytelling sprint: come fare un pitch workshop con una startup, utilizzando la regola 10/20/30 + design thinking

Metti a fuoco la tua visione e semplifica la tua comunicazione per potenziare l’allineamento interno e migliorare al tempo stesso vendite e raccolta di capitali.

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Tutte le startup hanno bisogno di una storia potente.
Per due tipi di pubblico: interno ed esterno. Internamente, attuali e future impiegati hanno bisogno di sentire la potenza della visione generale, per esserne felicemente guidati. Esternamente, sia clienti che investitori vogliono capire il più possibile tutto il valore che l’azienda è capace di generare.
Per questi motivi, ogni startup chief o decision maker dovrebbe prestare molta attenzione allo storytelling. È uno strumento incredibilmente versatile: funziona sia come mappa strategica che come strumento di marketing.
In questo articolo condividerò un seminario breve, realizzato in modalità remota utilizzando i SaaS Whereby e Miro in Ottobre 2020, condotto per la startup shared.media. Loro stavano cercando facilitazione per il team building, una storia comune sulla quale convergere insieme e un potenziamento del loro pitch per gli investitori.

Contesto di business e pubblico di riferimento

Shared Media è una startup tecnologica dedicate a facilitare il processo di condividere memorie digitali, basata a Trento. Nata nel 2017 e fondata con un finanziamento Europeo garantito dalla Regione Trentino-Alto Adige di € 60.000, ha visto esplodere l’utilizzo dei propri servizi nell’estate del 2020.
Shared Media ha 2 cofondatori e 1 responsabile degli sviluppi: Marco Soave, ingegnere informatico con esperienze di ricercar accademica in ambito AR/VR, Nicolò Paternoster, esperto di software con precedent esperienze startup e Andrea Cavattoni, sviluppatore software con 11 anni di carriera da libero professionista.
Dopo essermi connesso con Marco tramite LinkedIn, lui mi ha raccontato che i ricavi della startup sono cresciuti in modo significativo dopo aver siglato un accordo con un cliente che stava utilizzando Shared Media con grandi risultati.
Questo ha dimostrato loro che il prodotto era forte e che il modello di business era interessante: avevano quindi capito che era giunto il momento di uscire dal laboratorio di sviluppo per cercare altri client simili.
Ma come ogni startup che si rispetti alla ricerca di scalabilità, non potevano fare affidamento solo su fondi propri; avendo quindi in mente di raccogliere capitali con successo nei mesi seguenti, hanno preso la decisione di costruire uno storytelling come si deve.
Di seguito è visible il loro video introduttivo, presente nella homepage del sito web e realizzato in Agosto 2020.

Breve storia del servizio

Il prodotto è un Software-as-a-Service capace di ricevere in input qualsiasi fonte video e produrre in output una sintesi di 2 minuti estrapolando i momenti più belli. Il pubblico preferito sono i fornitori di sport estremi, attività che hanno decide di clienti al giorno interessati a vivere esperienze memorabili. Loro offrono a queste aziende un servizio B2B chiavi in mano, capace di fornire la strumentazione necessaria a registrare i video originali dei clienti; da qui il software crea la magia, estraendo una meravigliosa versione condensata della registrazione che viene poi spedita alle persone in cloud, attraverso una piattaforma proprietaria che ospita i contenuti e ne consente la condivisione con gli amici e sui social media.

 

 

Schermate della piattaforma di Shared Media, dove gli utenti possono godere i loro contenuti personalizzati
Schermate della piattaforma di Shared Media, dove gli utenti possono godere i loro contenuti personalizzati

Da Ottobre 2020, i loro indicatori di performance sono più che interessanti: con 1.500 utenti registrati nel sito, hanno pubblicato più di 5.000 esperienze. I visitatori unici medi ogni mese nel sito dell’app sono intorno ai 30.000 e tipicamente visitano il sito 2 volte. Questo significa due cose: la prima, il servizio è affidabile e capace di mostrare già migliaia di attività ottimamente tagliate e condivise; la seconda, le persone amano questo servizio! Ogni esperienza è vista mediamente da 6 persone diverse un paio di volte ciascuna.

Senza dubbio, Shared Media ha tutti gli ingredienti per mettere sul fuoco una storia gustosa.

 

4 consigli per preparare un pitch workshop

  1. Prima di tutto, coinvolgere un facilitatore. Avere un occhio esterno nelle tue attività quotidiane è cruciale per eliminare il più possibile i bias cognitivi. A volte i dubbi che ti attanagliavano da mesi possono dissolversi con l’ausilio di un saggio professionista che adopera con maestria i giusti strumenti
  2. In secondo luogo investi il giusto tempo per condividere con il facilitatore l’adeguata quantità di informazioni. Non troppo, non troppo poco: lui/lei deve ascoltare la tua storia, capire il tuo servizio, conoscere il tuo pubblico e vedere i tuoi risultati
  3. Infine, quando percepisci che c’è compatibilità con il professionista e hai condiviso adeguata conoscenza sul business, guida I tuoi collaboratori. Organizza un tavolo coinvolgendo da 2 a 6 decisori dal tuo team, spiega loro perchè la tua startup ha bisogno di questa attività, quali sono i risultati che porterete a casa e perchè il professionista che hai selezionato è la persona giusta per supportarti nel processo
  4. Fai in modo che nel calendario di tutti sia riservato sufficiente spazio per essere allo stesso tavolo, fisico o virtuale non cambia molto, sii pront@ ad uscire dalla tua zona di comfort di fronte alle sfide stimolate da un esterno al team e ricorda ai tuoi collaborator di fare altrettanto

 

Come si svolge un pitch workshop

Il facilitatore ti guiderà attraverso tutte le fasi del processo. Qui racconto come abbiamo progettato la nostra mattinata, con una sessione full immersion di 4 ore.

9:00 -> 10:00: introduzione e visione aziendale

É importante iniziare con un approccio morbido, dato che la sessione è particolarmente dirompente. Abbiamo iniziato presentandoci a vicenda, condividendo reciproci background ed aspettative per la giornata. A seguire, la mia prima domanda a loro è stata semplice: “Cos’è Shared Media per te?”: da qui ogni membro il team ha effettuato un pitch libero ed improvvisato di 5 minuti, condividendo opinioni su azienda, clienti, modello di business, ricavi, potenziale, indicatori di performance, raccolta finanziamenti, debolezze e prossimi obiettivi. Nel frattempo, io ho disegnato nella lavagna virtuale di Miro la sintesi dei loro pensieri, utilizzando un codice colore per raggruppare argomenti simili.

Il risultato è stato sorprendente: dopo 15 minuti avevamo una visione dall’alto della startup dal punto di vista di ogni membro del team, evidenziando macroargomenti di confronto raggruppati con lo stesso colore, per facilitare una comprensione generale sulla percezione inconsapevole delle priorità aziendali. Mentre le opinioni in sè erano abbastanza simili tra loro, l’ordine che ognuno ha utilizzato per esporle nella propria narrazione è stato molto differente, come visibile nell’immagine in alto. Il team è rimasto particolarmente impressionato da questo approccio, sottolineando il potenziale di questo modello di lavoro in gruppo, riproponendosi di dedicare in futuro tempo con regolarità ad attività di questo stampo, considerate quanto è difficile riflettere insieme su argomenti così sensibili.

10:00 -> 11:00: analisi del pitch attuale

Dopo l’introduzione, essendoci tutti allineati e a nostro agio nel contesto percependo il potenziale della sessione, abbiamo proseguito verso l’argomento principale: il pitch deck. Abbiamo quindi iniziato a osservare dall’alto la vecchia presentazione realizzata in precedenza.

In seguito abbiamo effettuato un giro di tavolo per consentire a tutti di condividere le loro opinioni in riferimento all’attuale versione del pitch. Per me, in qualirtà di facilitatore, questo è stato molto utile per discutere insieme l’argomento, considerate che abitualmente veniva gestito solo da un fondatore, consentendo a tutti di approvare o meno le rispettive opinion apertamente, in un contesto sicuro e moderato da un professionista esterno.

Dopo aver ascoltato I loro punti di vista, ho agito per un frangente come puro consulente, dando loro le mie opinioni personali sulla presentazione. Questo ha dato loro l’opportunità di mettere in discussione la propria idea a riguardo dei bisogni che avevano poc’anzi individuato, predisponendoli al contempo mentalmente per affrontare la successive sessione creative.

Infine ho condiviso con loro i principi della regola 10/20/30 di Guy Kawasaki, un modello di design thinking molto utile per costruire uno storytelling semplice e potente. Puoi leggere di più in merito a questa tecnica nel post visibile a questo link.

 

11:00 -> 11.15: pausa caffé…

…perché non siamo machine =)

 

11:15 -> 13:00: progettazione nuovo pitch con regola 10/20/30

Abbiamo iniziato a seguire il modello proposto dalla regola 10/20/30, con la mia figura al servizio del team di nuovo come facilitatore – ma con maggiore conoscenza e consapevolezza del loro business e dei loro mindset – per iniziare a estrarre dalla loro visione 3 argomenti di sintesi significative del loro business per ogni categoria prevista dal modello: Problema, la tua Soluzione, Modello di Business, Magia / Tecnologia sottostante, Marketing e Vendite, Concorrenti, Team, Proiezioni e obiettivi, Stato di avanzamento e cronoprogramma, Sommario e Proposte azionabili.

A questo punto, il team era sufficientemente a suo agio con approccio e contesto da far fluire la sessione in modo molto agile ed agevole: il mio compito era stimolarli un po’ quando il ritmo calava, ricordando di tanto in tanto l’obiettivo di ogni fase, proponendo punti di vista alternativi quando stavano convergendo troppo e suggerendo semplificazioni quando indulgevano nel divergere. Nel fare questo, le mie più grandi preoccupazioni erano il tempo, che ottimizzavo spingendoli ad accelerare il processo, e la lavagna di Miro, che riempivo tracciando ogni punto di convergenza.

Siamo riusciti a finire in tempo con reciproca soddisfazione, concedendoci alla fine un rilassato momento conviviale =)

 

Approfondimento: pitch di Shared Media precedente Vs. nuovo pitch

Concentriamoci ora sulle differenze tra il pitch precedente e la spina dorsale di quello nuovo (lavagna Miro integrata di seguito).

Il precedente era costruito su questi concetti:

  1. Problema: I ricordi digitali tradizionali sono costosi e difficili da condividere
  2. Opportunità: soddisfazione cliente, fidelizzazione e marketing organico gratis
  3. Soluzione: produzione di video highlights automatizzati + vendita, distribuzione, condivisione
  4. Come funziona: login utente, registrazioni automatizzate, postproduzioni automatizzate, servizio condivisione
  5. Processo: 30’ video grezzo -> computer vision + meta data + ai = 1’ video highlights
  6. Proposta di valore: offerta unica, veloce ed emozionale con ritorno sull’investimento elevato
  7. Visione: creare
  8. Visione: creare emozioni per gli utenti in modo gentile, ad alto coinvolgimento e condivisibili

 

Il nuovo fa più o meno così:

  1. Problema: le persone vogliono memorie digitali con alta qualità obbligatoria, ma realizzarle è difficile
  2. Valore: vendere emozioni immortali scalando la condivisione, completamente automatizzate
  3. Magia sottostante: processo senza bisogno di intervento umano per trasformare video da 30’ in clip da 1’, distribuibili in cloud
  4. Modello di business: upselling su attività esperienziali, con condivisione dei ricavi ed alti margini
  5. Mercato: fornitori di esperienze, raggiunti attraverso accurata selezione di potenziali partnerships win-win
  6. Concorrenti: processi manuali (più costosi in tempo e denaro); automazione + distribuzione senza hardware obbligatorio è una formula unica
  7. Team: alta esperienza tecnica, competenze in sport outdoor e collaborazioni accademiche
  8. Performance: tasso upselling esperienze 33%, con 70% utilizzo e tasso scalabilità di ricavi 1:10
  9. Prossimi passi: offerta SaaS globale nel mercato B2C, casi studio dettagliati e setup demo per nuovi partners

 

Come puoi vedere, questo team tecnico è stato aiutato a passare da una storia tech a un flusso narrative più ampio. Questo risultato è stato raggiunto in un tempo molto piccolo, allineando tutti I decisori necessari in mezza giornata.

La storia originale non era niente male, era semplicemente incomplete: essere così approfonditi nella nicchia dello sviluppo software non consentiva di mettere in luce tutti gli spunti di valore del business. Il team ha colto immediatamente il potenziale di quanto abbiamo creato, ma nonostante la loro grande intelligenza capace di costruire questo prodotto così sofisticato, è sorprendente come non siano stati capaci fino a quell momento di comunicare il pieno potenziale della loro visione da soli. Analizzando il contenuto di queste due presentazioni, nella prima l’attenzione è posta solo negli aspetti interni della startup; nel secondo, sacrificando alcune informazioni tecniche, l’attenzione è bilanciata tra aspetti interni ed esterni.

La regola 10/20/30, implementata con approccio design thinking, ha aiutato in modo significativo a comprimere l’intero workshop nelle 4 ore previste.

 

Risultato: un team soddisfatto che raccomanda colleghi fondatori per replicare l’esperienza

Ho voluto concludere questa esperienza chiedendo non solo verbalmente a questi professionisti quanto fossero soddisfatti della mattinata che abbiamo condiviso, ma anche chiedendogli di compilare un breve feedback form perchè volevo eliminare I bias emozionali e la naturale volontà di compiacere l’interlocutore.

Ho fatto loro 5 domande:

  1. Le tue aspettative prima del workshop
  2. Quanto sono state soddisfatte le aspettative [1, per niente – 6, superate]
  3. Cosa ti piaceva del vecchio pitch
  4. Quanto lo abbiamo migliorato oggi [1, peggio di prima – 6, dieci volte meglio]
  5. Raccomanda un amico che potrebbe apprezzare questo workshop

 

Le loro risposte più significative sono visibili nell’immagine sottostante

Alla fine hanno raccomandato due colleghi fondatori che potrebbero apprezzare questo tipo di esperienza.

 

Conclusioni

Riassumendo una conclusione per questa esperienza, possiamo sintetizzare tre macro priorità:

  1. Ampliare la tua visione per raccontare la tua storia è fondamentale
  2. Essere supportati in questo percorso da un facilitatore ti risparmia un sacco di tempo
  3. La regola 10/20/30 + il design thinking sono incredibilmente potenti per creare questo valore aggiunto

 

DITEDI, in collaborazione con Riccardo Mazzolo, Innovation Manager del Cluster, offre alle aziende del comparto ICT l’opportunità di essere supportate mediante servizi di consulenza multidisciplinare come quello descritto in questo articolo, focalizzati su strategia, marketing e vendite e guidati dalle metodologie di design thinking. Per saperne di più, visita la pagina Servizi del sito oppure contatta il Cluster mediante l’apposito form.